Mara Munerati - Le cose che restano - recensione

Le cose che restano

di Mara Munerati – Clown Bianco edizioni

Una complicità femminile che non può essere sostituita, un’amicizia lunga una vita. Egle, diretta, verace, amica, ha perso Zora, così diversa da lei, ma complementare, presente, quotidiana fino a quando una malattia non se l’è portata via. Mara Munerati ha scritto un libro coraggioso per stile e trama, Le cose che restano, Clown Bianco edizioni. Non è facile parlare di donne anziane, acciaccate e sole. E ancora meno semplice è farlo affidando la narrazione a una di loro, Egle che si rivolge direttamente a Zora. Ma lei non c’è più. È troppo poco il tempo passato perché una presenza sfumi e sia solo ricordo.

Mara Munerati - Le cose che restano - recensione

Con Zora, Egle deve ancora confrontarsi, sfogarsi e arrabbiarsi. Quel vecchio gatto, Coso, che Zora le ha affidato prima di morire, è insopportabile e ingombrante. Sembra un’ultima beffa di Zora, donna allegra e ciarliera. Parlarle ogni giorno è un viatico per provare a conquistare un minimo di distacco rispetto al lutto, alla nuova solitudine, alla resa delle cose che restano. Rimangono giornate scandite dai soliti ritmi, ma gravate dal peso dell’assenza, e quindi noiose senza Zora. “Sento ancora troppo la tua mancanza. Un altro motivo per cui dovrei continuare ad avercela con te. Anche da morta riesci a sconvolgere tutti i miei piani”. Nemmeno con il marito Otello, mancato alcuni anni prima, era andata così. Con Zora è diverso, non doveva morire prima lei, che era più giovane e avrebbe dovuto occuparsi della vecchia Egle. Zora ha sparigliato tutto, ha lasciato Egle senza un punto di riferimento, senza quel lato scanzonato che chi non lo possiede, cerca negli altri.

 La mancanza di Zora quasi si somatizza: a Egle cedono le gambe e si chiude la gola, la sensazione è di non riuscire ad arrivare a sera. La morte di Zora, più degli altri lutti, impone a Egle di pensare al valore del ricordo: la memoria è un comò, dice Egle, e aprire i cassetti diventa sempre più difficile. I ricordi sono quel che rimane di una vita passata insieme, delle parole spese e dell’importanza che hanno avuto quei momenti. Egle si aggrappa al ricordo, persino Coso è un modo per sentire presente Zora. Egle teme di dimenticare tutto, anche il suo nome e di perdere la vita che è stata. Parlare a Zora è affrontare tutto il vuoto riempiendolo di dolcezza, quella data e avuta in tanti anni di amicizia.
Passano i mesi ed è trascorso quasi un anno dalla scomparsa di Zora, un tempo che non è passato invano, quello necessario per abituarsi alla scomparsa di qualcuno, senza essere arrabbiati, senza sentirsi vittima di un torto. Egle ha accettato di farsi aiutare da una badante, di riconsiderare altre presenze, altri ritmi e, persino, di volere un po’ di bene a Coso.

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