Anne Berest - La cartolina - recensione

La cartolina

di Anne Berest – edizioni e/o

Un romanzo, una storia familiare, un’indagine personale che attraversa tre generazioni e torna indietro nel tempo fino ai primi del Novecento. La cartolina, edizioni e/o, di Anne Berest, che sarà in Italia al salone del libro di Torino, è una narrazione che fa luce a partire da una curiosità personale: nel 2003 la madre della scrittrice riceve una cartolina anonima in cui sono riportati quattro nomi, Ephraïm, Emma, Noémie e Jacques, cioè i nonni e gli zii morti ad Auschwitz. Ma chi l’ha scritta? La cartolina è lasciata nel cassetto per anni da Lélia, la madre di Anne, così come è rimasta sotto un velo di reticenza la storia di una famiglia ebrea russa che è scappata dalla sua terra, approdando, dopo varie peregrinazioni tra Lettonia, Polonia e Palestina, in Francia.

Anne Berest - La cartolina - recensione

La seconda guerra mondiale, le deportazioni nei campi di concentramento hanno smembrato un nucleo di cui unica sopravvissuta è stata Myriam, la nonna di Anne Berest. La scrittrice ricostruisce la storia della famiglia, i caratteri degli uomini e delle donne che l’hanno preceduta e che hanno scelto a volte per la libertà, a volte per la sopravvivenza. Le alterne vicende della fortuna di questa famiglia sono un racconto in cui chi narra non è estraneo a nulla: “Il fatto di essere a metà del mio percorso di vita spiega anche la mia ostinazione nel voler risolvere l’enigma che mi ha tenuto occupata giorno e notte per mesi. Avevo raggiunto l’età in cui una forza ti spinge a guardare indietro, perché l’orizzonte del passato è ormai più vasto e misterioso di quello che ti aspetta davanti”. Anne, per scoprire chi ha spedito quella cartolina e perché, deve confrontarsi con le donne da cui discende e che vivono ancora in lei, nel suo patrimonio genetico, nella cultura che le è stata trasmessa.

Il secondo nome di Anne è Myriam, come la nonna, una donna con cui la madre Lélia non si è riconciliata, tra loro il silenzio su alcune vicende private ha scavato una separazione che Anne sta colmando. Myriam è stata una donna della Resistenza, una sopravvissuta, ha passato parte della sua vita nascondendosi, sotto una falsa identità e ha portato addosso il senso di colpa di non essere stata deportata nei campi di concentramento, come il resto della sua famiglia sterminata. Myriam ha sposato Vicente, artista e padre di Lélia, un uomo bello, triste ed enigmatico che si allontanava e poi rientrava e che non ha saputo sopportare il peso del ritorno alla vita normale dopo la fine della guerra, lui che aveva sempre vissuto al limite del pericolo per un’ideologia. “Nelle mie cellule è impresso il ricordo di un’esperienza di pericolo così violenta che certe volte ho la sensazione di averla davvero vissuta o di doverla rivivere. La morte mi sembra sempre imminente. Ho l’impressione di essere una preda (…) Sono figlia e nipote di sopravvissuti”. La cartolina, di cui Anne Berest riuscirà a risalire all’autore e alla motivazione della spedizione, compie un viaggio nel tempo: viene dal passato e costringe Anne a risalire ancora più indietro, a ricostruire storie mancanti di vite su cui la memoria deve compiere uno sforzo. Vivificare quei quattro nomi, riferire le tappe del cammino dalla Russia, riportare alla luce i destini interrotti e intrecciati ad altre persone, è l’unico mezzo per arrivare alla verità.

Recensione apparsa sulla rivista Leggere: tutti

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