di Silvia Cossu – Neo edizioni
L’inafferrabilità dell’altro è un confine che si sposta di continuo. Più la frequentazione si infittisce e più il mistero domina sulla parte conosciuta e pubblica del dottor Mosco. Silvia Cossu, in uscita per Neo edizioni il prossimo 16 febbraio con Il confine, riflette sulla supremazia che certe persone sono in grado di esercitare, costruendo una sorta di mitologia del sé, tanto affascinante quanto scivolosa. La protagonista è una scrittrice che si occupa di biografie, o meglio, di scrivere il senso che le persone vogliono dare alle azioni compiute o mai fatte: “aderisco a ciò che il mio interlocutore vuole raccontare. Rivelo il significato di cui, a volte, è in cerca da anni”. Non è la verità che muove i committenti, ma la vanità che fa da consolazione e libera dalla frustrazione di fronte all’opera finita.

La biografa, quando entra nelle cavità della vita del dottor Mosco, sta vivendo una forma di abulia, di sospensione da qualsiasi scintilla che induca una qualche forma di lotta: “non desidero niente. Ho passato buona parte della vita a volere (e immaginare) troppo, seguendo una coerenza interna talmente rigida da non rendermi conto dell’intensità impiegata, dell’usura della tensione sottostante. Ora non so più dove trovare traccia di quella spinta”. L’intervista a Mosco e la scoperta del mondo che gli ruota attorno, un mondo enigmatico fatto di scambio continuo tra esperienza e teatralità, presenza e vuoto, accendono nella scrittrice un desiderio di ricerca della verità che coincide con un nuovo movimento interiore: scoprirsi a desiderare qualcosa e qualcuno, confondersi negli stessi desideri inaspettati e smarrirsi in una nuova confusione. Gli incontri con il dottor Mosco sono viaggi nei percorsi mentali di uno psichiatra che ha inventato diversi approcci ai pazienti e sui suoi successi ha costruito una fortuna.
Ma chi è davvero Mosco? Chi è quest’uomo capace di levità e profondità simultanee? Non c’è seduzione che inquini il rapporto fra i due, è pura immersione nella biografia di un medico che ha una predilezione per gli incurabili, coglie la ferita di chi ha di fronte e la sutura a modo suo tra realtà e suggestione. E così è anche per la protagonista che più si avvicina a Mosco e più rinascono in lei l’azzardo, il coraggio, il trasporto perduto, ma anche il dubbio e il disorientamento. Mosco ha passato la vita sul confine tra opposti, esercitando fino alla fine il paradosso perché “la verità è semplicemente quello che ognuno si illude che sia”. Raccontare Mosco è narrare ciò che sfugge e sfuma, un’attrazione continua che muove e cura chi gli sta attorno.