Fiammetta Palpati - La casa delle orfane bianche - recensione

La casa delle orfane bianche

di Fiammetta Palpati – Laurana editore

Una voce narrante sempre presente sulla scena che, come un coro greco aristofanesco, commenta, ammicca, si preoccupa, parla direttamente al pubblico durante lo spettacolo. La casa delle orfane bianche, di Fiammetta Palpati, edizioni Laurana, per la collana Fremen diretta da Giulio Mozzi, è un romanzo dalla struttura drammaturgica (prologo, due atti, intermezzo e sipario finale) nel quale il tono farsesco da commedia plautina si alterna a momenti di drammaticità e riflessione.

Fiammetta Palpati - La casa delle orfane bianche- recensione

Tre figlie – Lucia, Germana e Natalia – decidono di condividere un’abitazione assieme alle rispettive madri anziane – Pina, Felicita e Adele – bisognose di assistenza. L’obiettivo comune di ordine pratico, condividere la gestione delle madri, rivela la verità insita nella convivenza: chi ha più bisogno di chi? Sono le madri vecchie e malate oppure le figlie dalle vite, come direbbe Dino Buzzati, uncinate all’infelicità? Nella casa sembra regni la confusione, ma anche il bisogno di mettere a posto, pulire, disinfettare, buttare via l’inutile, fare posto. Le donne brulicano, popolano sempre la scena sia per operosità – le figlie – sia per immobilità – le madri. “Che poi il desiderio è solo uno, e di tutte: un nido caldo, pulito, dove l’ordine tenga lontano il male. Il desiderio di una casa felice”. E invece dopo un mese di convivenza “i bisogni non si incastrano. Piuttosto si ingarbugliano”.

Le figlie provano allora a scambiarsi le madri, a variare referente, ma il caos non si placa. Il lato pratico e condivisibile del progetto non ha tenuto conto di una dimensione altra che affonda nei risentimenti personali, negli irrisolti viscerali che ciascuna ha verso la propria madre. Le tre donne adulte non si sono affrancate dagli abbandoni, dalle colpe materne, dalle follie subite e mai comprese. La convivenza e la prossimità, soprattutto fra consanguinee, sono impietose. Il nido caldo diventa covo: è il momento della libertà di dire cosa è successo nell’infanzia, ciascuna ha la sua versione dei fatti impastata di ricordi e rancori. Le figlie accudiscono e tengono in vita madri già lontane, estranee, con l’anima ammalata da sempre.
Il narratore presente in scena fa vedere al lettore ciò che nemmeno le donne notano: una delle madri si asciuga gli occhi, come se piangesse, e passa inosservata, “nessuno che in questa casa cerchi, non dico di conoscere, ma almeno di vedere più in là del proprio cruccio se non quando qualcosa fa scomodo (o scandalo)”.
Lucia, Germana e Natalia sono le orfane bianche, stilema attribuito loro da una suora, suor Modestina, che irrompe in casa alla fine del primo atto. Le orfane, che cercano una badante, in realtà accolgono un’altra madre da accudire durante la settimana santa. Sono giorni di passione, tra l’equivoco e il grottesco entra in scena un personaggio totemico, sanguinante e ingombrante: suor Modestina attira l’attenzione e le cure, di lei si parla e si fanno congetture nella casa.
“Vi siete confessate?” “Vi vanno bene le vostre madri?” Che sia questa la funzione di suor Modestina? Far domandare a ciascuna, nel disorientamento generale, se è figlia o madre della propria genitrice. Tramite uno sferzante ragionamento maieutico, la suora arriva alla conclusione che sono tutte figlie, ma orfane bianche di madri bambine.
La casa è il precipitato di tutti i vissuti, ma è anche, finalmente, il luogo dell’incontro. E, come chiosa la voce narrante, il perdono è nell’incontro.

Fiammetta Palpati presenterà, assieme allo scrittore Giulio Mozzi, La casa delle orfane bianche a Ferrara, nell’ambito della seconda edizione della rassegna Festival delle parole Grisù 451 sabato 13 aprile (orario pre-serale). L’incontro si svolgerà nei locali di Factory Grisù, via Poledrelli, 21.

Il romanzo della scrittrice Fiammetta Palpati è tra i finalisti del premio POP – Premio Opera Prima della Fondazione Mondadori.

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