di Ada D’Adamo – Elliot edizioni
Quanto sia autentica questa storia, già in esergo è dichiarato da Ada D’Adamo. Il modo, poi, con cui l’autrice è stata in grado di raccontarla dà un senso viscerale a tutto. Come d’aria di Ada D’Adamo, Elliot edizioni, è un cordone ombelicale con le altre madri, perché una mancata diagnosi prenatale tocca l’essere genitori, senza distinzioni. Ada D’Adamo non edulcora la difficoltà, la fatica di vivere in maniera doppia perché “quando hai un figlio disabile cammini al posto suo, vedi al posto suo, prendi l’ascensore perché lui non può fare le scale, guidi la macchina perché lui non può salire sull’autobus. Diventi le sue mani e i suoi occhi, le sue gambe e la sua bocca. Ti sostituisci al cervello. E a poco a poco, per gli altri, finisci con l’essere un po’ disabile anche tu: un disabile per procura”.

Ada deve imparare a dialogare col corpo di Daria, a interpretare dolore, malessere, richieste, intenzioni e non c’è barriera tra madre e figlia, come per osmosi tutto entra dentro da corpo a corpo. Arriva però, un giorno, la malattia di Ada a riposizionarla e a ridefinire una quotidianità già scandita sui bisogni di Daria. Ad avere bisogno di cure e attenzione si trovano in due, e allora c’è un nuovo equilibrio da cercare, perché Ada per guarire deve riportare il suo tempo su di sé: ospedale, terapie, postumi sono da gestire per sopravvivere. Il prezzo è altissimo, è mitigare la simbiosi con Daria, sottrarle qualcosa per recuperare salute: “L’adesione del tuo intero corpo col mio non era più possibile e questo all’inizio mi ha spaventata, lasciandomi smarrita, privata di te”. Quel distacco fisico e fisiologico, dolorosissimo che tutte le madri provano, per Ada arriva dopo anni dalla nascita di Daria, è un distacco non programmato, imposto, ma necessario.
Ada D’Adamo aveva raccontato, nel 2008, la sua storia tramite una lettera su Repubblica a Corrado Augias, spiegando cosa vivono le famiglie, l’impotenza, lo sbriciolamento, le domande gridate. E in quella lettera al giornale, Ada D’Adamo aveva scritto che l’amore incondizionato per sua figlia, non le aveva impedito di pensare che se avesse potuto scegliere, avrebbe scelto l’aborto terapeutico. “Io la croce avrei preferito non caricarmela sulle spalle, la virtù non l’avevo scelta. Non mi sentivo e non mi sentirò mai una madre coraggio, e sapevo che solo una mancata diagnosi prenatale mi divideva dal branco di quelle considerate egoiste, infami, omicide”. Quello che si scatenò dopo quella lettera, come è facile immaginare, fu una polarizzazione fra chi sbraitava alla vita e chi, invece, capiva.
Ada D’Adamo è andata avanti, ha conosciuto altri genitori, altre vite che assomigliavano alla sua. E, oggi, in Come d’aria mette insieme ciò che è successo dentro una donna che ha visto disegnarsi una nuova mappa della sua vita. Perché Daria è soprattutto bellezza e levità, Daria non conosce la gravità: è come d’aria.