di Andrea Tarabbia – edizioni Bollati Boringhieri
Partecipare al male, sentirne l’odore e il piacere. Un’idea folle di salvezza della società, muove un gruppo di neofascisti che, nella Roma di oggi, sono guidati da Marcello Croce. Il continente bianco di Andrea Tarabbia, edizioni Bollati Boringhieri, è l’osservazione delle dinamiche che aggregano un gruppo di persone per le quali l’ideologia della rivoluzione nera è un forte richiamo ad agire. Chi osserva gli appartenenti al Continente bianco di cui ne farà parte, è uno scrittore che, nella narrazione, gioca più ruoli. Sarà incaricato di scrivere del Continente bianco, ma è anche paziente di uno psicanalista, il dottor P***, il quale, a sua volta, racconta di sé, contravvenendo alla deontologia, ma rispondendo a un bisogno umano di raccontarsi e condividere la perdizione a cui sta andando incontro la moglie Silvia.

Attualizzando la storia del romanzo di Goffredo Parise, L’odore del sangue, Andrea Tarabbia narra la sensualità, la bestialità e la dipendenza di Silvia, entrata in contatto con Marcello Croce. C’è un “brutto destino” che si compie per lei, una forma di cupio dissolvi che la porta a esaudire i desideri di Marcello, giovane e bello come un Cristo: “c’è una patina di levità, nel suo volto, di dolcezza perfino. Chissà se ne è consapevole, se è consapevole cosa pensa la gente mentre lo guarda. Ma allo stesso tempo c’è qualcos’altro, qualcosa che si muove sotto questa patina e la fa tremare. Un dolore, forse. O una rabbia”. Marcello Croce è dotato di quella particolare grandezza che lo rende dominante nei rapporti di forza, sia con Silvia sia con gli appartenenti al gruppo. Silvia potrebbe essere la madre di Marcello, è accudente e supina, completamente attratta da ciò che è più lontano dal suo mondo borghese, dalla sua vita cristallizzata e intatta.
Nella casa museo, dove trascorre tanto tempo da sola, accoglie Marcello e poi anche alcuni altri balordi del Continente bianco. La contaminazione è avvenuta, Silvia si oltraggia, diventa selvaggia, il suo linguaggio cambia. L’odore che si porta addosso Marcello Croce è conforme alle azioni che ha compiuto, ai pensieri che lo scuotono. C’è una forma di possesso che questo ragazzo esercita su Silvia, una prelazione via via più pressante che accelera la caduta della donna.
Le sedute e i confronti fra il dottor P*** e il paziente scrittore diventano scambi fra uomini annichiliti di fronte alla malia di Marcello Croce e alla pericolosità del Continente bianco e dei suoi emissari. In pericolo sono i deboli, i bersagli delle rappresaglie che, per la città, i neonazisti organizzano perché si sentono “l’ultimo baluardo contro l’imbastardimento della nazione”. È in pericolo Silvia che, più di tutti, si affaccia a un mondo di violenza e sangue. Il dottor P*** chiede al suo paziente di salvare Silvia dall’abisso in cui è scivolata. Della salvezza di Silvia e di tutti, Marcello Croce ha una personale visione: “Noi possiamo salvare solo chi possiamo controllare (…) il controllo è una forma di cura, d’amore: è sapere dov’è l’altro, che cosa fa, che cosa pensa; è poter intervenire quando ha bisogno e impedirgli di cadere quando è in bilico”. Il controllo e l’amore malato verso Silvia, è il cadine di una vicenda che lo scrittore, in cerca di una storia, si è trovato a narrare talmente da vicino da desiderare che tutta quella abiezione non fosse mai accaduta. Ma una storia inseguita per anni, andava narrata: la letteratura come dovere, restituzione, ricerca di un senso di fronte a eventi tragici e assurdi vissuti da persone che, non sapendo abitare il mondo, hanno cercato dimora in un altrove che si è fatto poi dannazione.